giovedì 26 aprile 2012

martedì 28 febbraio 2012

opacità....

giovedì 16 febbraio 2012

I giardini parlano



“Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi parla d’amore ed’arte…”
dal Sacro Bosco di Bomarzo

Il territorio in cui viviamo, quello dell’antica Etruria, dal punto di vista naturalistico è tra i più vari
d’ Italia.
I piccoli nuclei abitati sono disseminati tra pianure, valli, boschi, forre, torrenti, laghi vulcanici,
che dai monti dell’Appennino centrale si susseguono fino alle coste del mar Tirreno.
Un’area densa di storia: meta di papi, di nobili e principi, di popoli che, con il loro agire, hannosaputo interpretare e valorizzare con discrezione, nel corso dei secoli, la particolarità di questi luoghi, che determinano, oggi, il nostro patrimonio culturale e ambientale.
Sicuramente è proprio attraverso la realizzazione degli insediamenti, delle residenze decentrate,
come testimoniano le numerose ville storiche, che questo territorio si è andato caratterizzando e
si è arricchito di un valore artistico, culturale e paesaggistico tutt’oggi apprezzato e riconosciuto
da chi vi passa o da chi vi soggiorna.
E’ in questo territorio, che coincide con l’Alto Lazio, e con parte della Toscana, fino ad arrivare
nella terra umbra, che l’influsso di tale patrimonio culturale ha assunto un rilievo determinante
per la realizzazione dei giardini / parchi d’artista. Un fenomeno, che, negli ultimi decenni, si sta
ampliando notevolmente.
Si tratta di realtà sempre più diffuse a livello internazionale, dove l’artista è protagonista. Sceglie
un luogo, per stabilircisi e progettare un parco giardino, per ascoltare, sperimentare e creare.
Tenendo conto del rispetto della totalità della storia e dell’anima del luogo, guida il suo agire
come una sorta di viaggio, culturale e spirituale, da rendere pubblico tramite un parco, un
giardino dall’entità complessa, da tutelare e da rendere fruibile.
Sembra che scelgano questa zona perché si sente aleggiare lo spirito e l’importanza del Sacro
Bosco di Bomarzo, una sorta di percorso onirico ancora vivo dopo cinque secoli, che conduce
l’uomo verso la conoscenza di sé e la ricerca della verità.
Un particolare giardino, ai margini del bosco, con un insieme di mostruose creature in pietra che
tutt’ora, seppur in parte sepolto nel verde, è possibile ammirare.
Era il 1552, quando il principe Pier Francesco Orsini iniziò a pensare ad una villa delle meraviglie.
Si doveva realizzare un luogo dove fosse possibile “sfogare il core”, ma anche stupire gli occhi
degli ospiti visitatori, conducendoli in un regno di sogno, stimolando al tempo stesso la loro
intelligenza e la loro cultura. In un gioco di richiami mitologici e di enigmi, tra statue di sirene,
mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, tempietti, falsi sepolcri e giochi
illusionistici.
Il giardino di Bomarzo venne concepito come una meraviglia del mondo, così eccezionale ed
unica che null’altro le potesse assomigliare.
È su questo modello che sono nati il Giardino dei Tarocchi, il giardino dell’artista Daniel Spoerri,
la Serpara, l’ Opera Bosco di Calcata e tante altre realtà disseminate in posti nascosti tutti da
scoprire.
Il festoso e onirico Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint-Phalle vicino a Capalbio (Grosseto) è
forse il più conosciuto di questi.
Dall’aspetto brulicante di luci e colori, è stravagante. Lungo un percorso magico, enormi sculture,
rivestite di splendide ceramiche, si accompagnano a ludiche e arrugginite macchine cinetiche di
Jean Tinguely.
Come il giardino del suo compagno di strada Daniel Spoerri.
Artista di fama internazionale, che ha scelto di vivere e portare avanti la sua ricerca artistica in una
tenuta di 15 ettari, poco distante dal centro abitato di Seggiano in Toscana, alle pendici del Monte
Amiata.
Un’area dove la natura, addolcita dai suoi rilievi più aspri, fa bella mostra di sé fra ampi spazi
erbosi e rigogliosi boschetti, dialogando costantemente con le sculture in bronzo che l’artista vi
ha collocato, talvolta loro alleata, altre volte controparte.
Un itinerario che si snoda leggero, senza una definizione fisica precisa, rivelando a mano a mano
la presenza delle opere che si confondono nello spazio naturale o si celano nella rigogliosa
vegetazione. Un altalenare di sensazioni fra la sorpresa e l’incantamento, memore dei giardini
rinascimentali e barocchi, in una intimità nascosta e protetta dagli sguardi, tipica dei romantici.
Con analoghe modalità dei giardini di Niki de Saint Phalle e di Daniel Spoerri, si articola il
giardino de La Serpara di Paul Wiedmer a Civitella d’Agliano vicino Viterbo, dove le opere si
rapportano tra le rare essenze, locali o importate dall’estremo Oriente.
Anche qui il percorso si snoda tra sculture e natura dove, all’improvviso, si accendono fuochi
sarcastici, aggiungendo quelli elementi in più di sorpresa, spaesamento e meraviglia, discendenti
dai mostri di Bomarzo.
Tutto nasce dal luogo, lentamente, senza strappi, senza forzature: le opere come le piante.
Questo ancora più evidente ed integrato nell’Opera Bosco museo di arte contemporanea nella
natura. Un itinerario che si sviluppa su due ettari di bosco nella valle del Treja, a Calcata (Vt).
Questo sistema, dove natura e opere interagiscono formando un’unica grande opera complessiva,
è una realtà che dà al visitatore la possibilità di relazionarsi con il bosco, interpretando le
particolarità paesaggistiche, i valori botanici, sociologici, geologici e i segni storici antropici.
Un esempio concreto di attuazione della cultura della simbiosi tra attività umana e natura,
sull’esigenza epocale di un’impostazione ecocompatibile nella sistemazione del territorio.
Esso rappresenta un centro di propulsione che impegna energie creative in senso sociale,
ideologico e politico, con il fine di proteggere, valorizzare e promuovere le risorse del territorio.
Un laboratorio per una procedura di ricerca che esplicita i potenziali e le prospettive di un mondo
ecologico, dove le tecniche e i materiali naturali tradizionali riacquistano una funzione primordiale
nelle tecnologie di sistemazione del territorio .
Costituisce, infine, un sistema di formazione educativo aperto e multidisciplinare che svolge
attività di educazione ambientale, sin dalla sua inaugurazione.
Un’altra nuova iniziativa, aperta da poco tempo è il Giardino di Pianamola a cura di Elisa
Resegotti sul lago di Bracciano, dove gli artisti si concentrano su un tema specifico: quest’anno
sulla fragilità dell’albero.
Questo tematica viene presentata, e sviscerata su più fronti: istallazioni, quadri, filosofia e
letteratura si fondono e danno vita ad un nuovo approccio di approfondimento e discussione
interdisciplinare.
Esempi che, anche se differenti tra loro, presentano analogie e similitudini, soprattutto per
quanto riguarda la progettazione e la realizzazione: il tema del percorso, il sentire, l’interpretare il
luogo dopo una attenta e lunga analisi, il costante rapporto e dialogo con la natura, la morfologia
del terreno, la ricerca nel creare un luogo unico, la sorpresa, l’estraniamento.
Dovrebbero essere interventi di tutela, valorizzazione e salvaguardia da prendere come modelli,
come guida di riferimento, come approcci nuovi e diversi da poter applicare all’interno di alcune
aree dei nostri comuni.
Ma tutto questo sembra essere distante, lontano, visti i risultati degli ultimi decenni e gli
atteggiamenti verso i nuovi progetti e realizzazioni.
Appare una perdita di dialogo tra l’azione dell’uomo e gli elementi naturali.
Sarebbe interessante, invece, di prendere lo spazio naturale, o un area che già contiene una sua
struttura, una sua valenza, operare con essa, secondo una idea precisa, coerente, tenendo conto
delle sue potenzialità, delle sue caratteristiche materiali e naturali (vista, posizione, esposizione,
presenza di essenze, ecc….)
Ma per questo c’è bisogno di tempo, di una sensibilità, un sentire, un ascolto profondo verso il
paesaggio e gli elementi che lo compongono, cercando di collaborare con esso, mantenere la sua
integralità, e, se necessario, apportare valore e significato.
Ciò può prevedere anche l’inserimento delle proprie idee, per alloggiare e trovare spazio ai propri
bisogni, ma cercando un rapporto profondo, affinchè il suo senso possa rimanere e perdurare.
Una sorta di gioco, fatto di aggiunte, cure ed esaltazioni di certi elementi più che di altri….
Un approccio che, oggi, si ritrova in molti campi (dalla biologia alla cibernetica, dall’agricoltura
all’economia, dall’ecologia alla psicologia, dalla fisica alla filosofia…) e che si basa sulla ricerca e il
riconoscimento dei sistemi come sistemi interi , e come un insieme di sistemi complessi con la
loro integralità di componenti e interazioni che devono essere riconosciuti, valutati e apprezzati:
l’approccio sistemico, unico approccio che dà risposte sostenibili per (eco)sistemi.
Per esempio, invece di pianificare un parcheggio, liberando l’area da tutti gli elementi naturali già
esistenti per poter sistemare comodamente e facilmente numerosi posti auto e, in seguito,
ripiantare qualche alberello (si pensi alla recente sistemazione del lungolago di Marta, o dello
spazio adiacente al porto di Capodimonte), si potrebbero rispettare gli elementi naturali e inserire
cautamente i parcheggi, senza distruggere elementi di cui ignoriamo l’importanza per l’intero
ecosistema.
E ancora, perché “buttare” nel mezzo di una piazzetta di un paesino contadino una fontana di
travertino e basaltina? Sarebbe bastato tentare di cogliere il senso di questo luogo: considerare
tutti gli elementi che lo compongono e le interazioni che ne derivano, ed inserirvi, se necessario,
un elemento coerente, una fontanella, degli alberi che fanno ombra, una panchina ... Forse si
fraintende il termine di fruizione dello spazio oppure non si capisce il termine di recupero dei
centri storici.
Se si vogliono valorizzare i giardinetti del Pontoncello, sarebbe opportuno, prima di tutto, capirli,
sentirli, poi renderli più accessibili, creare vialetti appena più comodi, scalini in pietra naturale del
posto, o rinforzi di ingegneria naturale.
Il peperino stona, e le ampie distese di pavimentazioni, più che seguire le leggi della
valorizzazione e della salvaguardia, disegnano linee che sono assoggettate a leggi differenti,
indirizzate più alla speculazione, e forse dettate da interessi che mirano al profitto di alcuni e non
al bene comune, odierno e futuro.
Forse è preferibile prima di pensare a realizzare piattaforme di acciaio e legno, lasciare e curare la
vegetazione naturale esistente, considerare la sua posizione e il suo stato vegetativo. Adirittura
accentuarla, ricostituirla dove è stata danneggiata e aggiungere qualche nuovo accento o funzione:
giardino degli odori, delle piante autoctone, a mò di percorso o per fini esemplificativi ed
educativi. Oppure invitare i nostri artisti a creare un giardino artistico, o inserire una loro opera,
una scultura, delle installazioni, un’attrazione in più per i turisti, per il nostro paese.
Se il paesaggio che si delinea di fronte a noi, rappresenta il risultato socio-economico del tempo,
molti di questi interventi dovrebbero farci riflettere ed essere presi d’esempio, come riferimento
per applicare tutti quei processi di tutela del patrimonio ambientale, e concorrere a preservare la
memoria, promuovendo lo sviluppo e sopratutto la cultura.
Dario Rossi

I siti Internet dei giardini citati:
www.parcodeimostri.com – www.danielspoerri.org – www.serpara.net – www.operabosco.eu –
www.nikidesaintphalle.com – www.pianamola.org

estratto dal bollettino

martedì 10 gennaio 2012